Fondazione Marconi
Arte moderna e contemporanea
via Tadino 15, 20124 Milano
Tel. +39 02 29 41 92 32
Fax +39 02 29 41 72 78 - info@fondazionemarconi.org

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Moon spikes IV, 1955
legno dipinto nero
93 x 107 x 25 cm
 
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Night Sun I, 1959
legno dipinto nero
259 x 165 x 25 cm
 
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Dawn’s Host, 1959
legno dipinto bianco
91,5 cm
 
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Hommage to the Universe, 1968
legno dipinto nero
275 x 900 x 90 cm
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Senza titolo, 1959-1960
legno dipinto nero
208,2 x 133 x 23 cm
 
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The Golden Pearl, 1962
legno dipinto oro
198 x 100 x 25 cm
 
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City series, 1974
legno dipinto nero
396 x 245 cm
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Senza titolo, 1970
cartoncino, lamina di metallo e carta su tavola
50,7 x 40,5 cm
 
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Senza titolo, 1970
cartoncino, inchiostro, carta di giornale, pittura e carta su tavola
50,8 x 40,5 cm
 
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Senza titolo, 1976
cartoncino, pittura e legno su tavola
60,5 x 48,5 cm
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Senza titolo, 1986
cartoncino, metallo, carta e legno su tavola
112 x 81,5 cm
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Senza titolo, 1966
tempera, carta e legno su tavola
90 x 60 cm
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Senza titolo, 1980
pittura e legno su tavola
122 x 81,5 cm
Louise Nevelson
Fondazione Marconi Arte moderna e contemporanea
Via Tadino 15 - 20124 Milano
Tel. 02 29 41 92 32 - Fax 02 29 41 72 78
info@fondazionemarconi.org - www.fondazionemarconi.org
Inaugurazione: 12 maggio 2016 dalle ore 18,00
Durata della mostra: 13 maggio - 22 luglio 2016
martedì - sabato 10-13, 15-19 fino all’11 giugno 2016
lunedì - venerdì 10-13, 15-19 a partire dal 13 giugno 2016

Ingresso gratuito
Ufficio stampa: Cristina Pariset - Tel. 02 4812584
cell. 348 5109589 - cristina.pariset@libero.it
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A distanza di 43 anni dalla prima esposizione di Louise Nevelson a Milano, la Fondazione Marconi presenta nella sua sede un nucleo di circa 80 opere, tra sculture e collages, datate a partire dal 1955 fino agli ultimi anni Ottanta. Risale al maggio 1973 la prima esposizione dell’artista americana che proprio lo Studio Marconi le dedicò a Milano in un momento in cui era ancora poco nota al pubblico europeo. Dopo aver visto alcune sue opere in una mostra a Parigi, Giorgio Marconi ebbe occasione di conoscerla personalmente nel 1971, tramite la Pace Gallery di New York, e andò a trovarla nel suo studio-abitazione.
 
Era un assemblage di opere fatte con avanzi delle ‘cose’ dell’uomo, cassette di Coca-Cola, gambe di tavoli, ritagli di falegnameria, doghe di barili ecc. ecc. Passai una mattinata piena: si parlò di opere, spazi, mostre, viaggi a Milano e un’infinità di argomenti, comprese chiacchiere varie sulla vita...
(Giorgio Marconi, Autobiografia di una galleria, Skira 2004)
 
Iniziò così un’assidua collaborazione che sarebbe durata qualche anno e avrebbe dato vita a diverse mostre, organizzate in Italia e all’estero. Affascinata da Marcel Duchamp e da altri capifila del Dada e del Surrealismo – “Il Surrealismo era nell’arte che respiravo” – affermava ricordando gli anni del suo apprendistato, l’artista subì l’influenza dell’esperienza cubista di Picasso, dell’arte nativa del Nord e Centro America e, in particolar modo, dopo essere stata assistente di Diego Rivera e Frida Khalo, della pittura murale. Il suo è un linguaggio scultoreo che aderisce immediatamente al muro, mutuando i suoi segni astratti dalla pittura. Monumentalità, monocromia e dislocazione dei piani su una scarsa profondità sono le caratteristiche peculiari dei suoi assemblaggi o “environments”.
Agli oggetti di recupero che compongono le sue sculture astratte, l’artista attribuiva una nuova vita “spirituale”, diversa da quella per la quale erano stati creati, sottoponendoli a un rituale preparatorio quasi a volerli decontaminare dal mondo esterno. Protagonista del rinnovamento della scultura nel XX secolo e delle sue trasformazioni, Louise Nevelson diceva parlando di sé e del suo lavoro: “Adoro mettere insieme le cose”. Non si può tuttavia confinare il suo repertorio creativo nella sola categoria dell’assemblaggio. Figura emblematica dell’arte nel Novecento, Louise Nevelson, si è distinta nel panorama artistico internazionale per la sua ricerca di un linguaggio universale. Non so se la definizione di scultrice mi si addica. Faccio dei collage. Ricostruisco il mondo smembrato in una nuova armonia. L’armonia che si respira ad esempio in alcune delle opere in mostra, come nel monumentale Hommage to the Universe, (1968, 900 x 90 cm), autentico esito di una cerimonia scolpita in cui ogni elemento conserva qualcosa della sua vita precedente; in Dawn’s Host (1959) e nella serie End of the Day che documentano la predilezione della Nevelson per l’inizio e la fine del giorno, l’alba e il crepuscolo; oltre che nella selezione di collages, realizzati in varie dimensioni e su supporti lignei o cartacei, a dimostrazione della continua attenzione dell’artista per l’immediatezza d’esecuzione, l’equilibrio della composizione, i piani prospettici e i rapporti cromatici. Per l’occasione verrà pubblicato un volume dedicato ai collages di Louise Nevelson, edito da Skira e con un saggio di Bruno Corà. La mostra prosegue allo Studio Marconi ’65 con una selezione di collages, multipli e grafiche.