
- Enrico Baj
- Gianni Colombo
- Lucio Del Pezzo
- Sonia Delaunay
- Bruno Di Bello
- Antonio Dias
- Lucio Fontana
- Richard Hamilton
- Man Ray
- Louise Nevelson
- Gianfranco Pardi
- Mimmo Rotella
- Mario Schifano
- Emilio Tadini
- Giuseppe Uncini
- Valerio Adami
- Adriano Altamira
- Hsiao Chin
- Emilio Isgrò
- Marcello Jori
- Giuseppe Maraniello
- Giulio Paolini
- Arnaldo Pomodoro
- Aldo Spoldi
- Joe Tilson
- Franco Vaccari
- William Wiley
Fondazione Marconi
Arte moderna e contemporanea
via Tadino 15, 20124 Milano
Tel. +39 02 29 41 92 32
Fax +39 02 29 41 72 78 - info@fondazionemarconi.org
Cookie Policy - Privacy Policy
Dominio sito:
Arte moderna e contemporanea
via Tadino 15, 20124 Milano
Tel. +39 02 29 41 92 32
Fax +39 02 29 41 72 78 - info@fondazionemarconi.org
Cookie Policy - Privacy Policy
Dominio sito:

Gianfranco Pardi. Opere 1967/1969
Gianfranco Pardi conduce da sempre un suo particolare discorso intorno all'architettura, iniziato nel 1967 con la rappresentazione di interni ed esterni architettonici, Soffitti, Terrazzi, Giardini pensili, ecc. e proseguito nel corso di questi anni attraverso forme espressive differenti ma sempre riflettendo attorno alla forma e allo spazio che la comprende.
Il 23 maggio 1967 si tiene allo Studio Marconi la prima mostra dell'artista che, in un testo successivo, così racconta le reazioni del pubblico alle sue opere: "Quando, alla mostra che ho fatto da Marconi, ho mandato come invito la riproduzione di un quadro in cui c'era un soffitto con dei pilastri che pendevano nel vuoto, perché non c'era pavimento, molta gente lo ha capovolto, ha fatto diventare pavimento il soffitto, benché le scritte indicassero il verso giusto. Probabilmente era più tranquillizzante così. Lavorando, non sento il bisogno di deformare gli elementi reali da cui sono partito. Li taglio, piuttosto, faccio qualcosa come un'amputazione".
Una trentina sono le opere in mostra, i Soffitti, le Scale, i Terrazzi e i Giardini Pensili, opere in cui compaiono frammenti di architetture che rimandano, come se si stesse guardando una pellicola ritagliata, alla realtà e allo spazio circostante. Il punto di partenza di queste opere è l'amplificazione, da parte di Gianfranco Pardi, di quel senso di insopportabilità che si può provare vivendo in un ambiente artificiale. I soffitti, le scale, i pilastri e tutti quegli elementi architettonici che normalmente costituiscono l'interno di un edificio, vengono isolati e sbilanciati nel quadro, assumendo un nuovo significato slegato dal contesto di cui facevano parte.
Togliendo il pavimento ad una stanza, come avviene nei Soffitti, Pardi accentua il peso psichico di quella specifica presenza architettonica che noi vediamo, ovvero il soffitto insieme ai pilastri che ne modulano la superficie. L'inquietudine di questa assenza viene rivelata dalla presenza dei materiali usati dall'artista, lo smalto su legno e líalluminio, che con precisione ed estremo distacco, fanno diventare percepibile la parte mancante del reale.
Giardino pensile è il titolo ricorrente in un'altra serie di opere eseguite dal 1969 in cui ritroviamo sviluppata la tematica delle opere precedenti. L'attenzione dell'artista qui però si è spostata: dalla frantumazione dell'architettura all'interno di un edificio, dove gli spazi solitamente chiusi si smembrano e si aprono, lo sguardo ora viene rivolto direttamente all'esterno dell'edificio, verso le contraddizioni del rapporto tra natura e cultura. Prendono forma dei quadri in cui, il legno smaltato di verde insieme all'alluminio, finiscono a rappresentare con grande efficacia la museificazione della natura nei parchi nazionali o la sua riduzione domestica attuata nei terrazzi delle nostre abitazioni. La natura viene così frammentata, dislocata, razionalizzata, forzata dall'artista in forme geometriche che si incastrano nel mondo oggettuale che le circonda.
Il 23 maggio 1967 si tiene allo Studio Marconi la prima mostra dell'artista che, in un testo successivo, così racconta le reazioni del pubblico alle sue opere: "Quando, alla mostra che ho fatto da Marconi, ho mandato come invito la riproduzione di un quadro in cui c'era un soffitto con dei pilastri che pendevano nel vuoto, perché non c'era pavimento, molta gente lo ha capovolto, ha fatto diventare pavimento il soffitto, benché le scritte indicassero il verso giusto. Probabilmente era più tranquillizzante così. Lavorando, non sento il bisogno di deformare gli elementi reali da cui sono partito. Li taglio, piuttosto, faccio qualcosa come un'amputazione".
Una trentina sono le opere in mostra, i Soffitti, le Scale, i Terrazzi e i Giardini Pensili, opere in cui compaiono frammenti di architetture che rimandano, come se si stesse guardando una pellicola ritagliata, alla realtà e allo spazio circostante. Il punto di partenza di queste opere è l'amplificazione, da parte di Gianfranco Pardi, di quel senso di insopportabilità che si può provare vivendo in un ambiente artificiale. I soffitti, le scale, i pilastri e tutti quegli elementi architettonici che normalmente costituiscono l'interno di un edificio, vengono isolati e sbilanciati nel quadro, assumendo un nuovo significato slegato dal contesto di cui facevano parte.
Togliendo il pavimento ad una stanza, come avviene nei Soffitti, Pardi accentua il peso psichico di quella specifica presenza architettonica che noi vediamo, ovvero il soffitto insieme ai pilastri che ne modulano la superficie. L'inquietudine di questa assenza viene rivelata dalla presenza dei materiali usati dall'artista, lo smalto su legno e líalluminio, che con precisione ed estremo distacco, fanno diventare percepibile la parte mancante del reale.
Giardino pensile è il titolo ricorrente in un'altra serie di opere eseguite dal 1969 in cui ritroviamo sviluppata la tematica delle opere precedenti. L'attenzione dell'artista qui però si è spostata: dalla frantumazione dell'architettura all'interno di un edificio, dove gli spazi solitamente chiusi si smembrano e si aprono, lo sguardo ora viene rivolto direttamente all'esterno dell'edificio, verso le contraddizioni del rapporto tra natura e cultura. Prendono forma dei quadri in cui, il legno smaltato di verde insieme all'alluminio, finiscono a rappresentare con grande efficacia la museificazione della natura nei parchi nazionali o la sua riduzione domestica attuata nei terrazzi delle nostre abitazioni. La natura viene così frammentata, dislocata, razionalizzata, forzata dall'artista in forme geometriche che si incastrano nel mondo oggettuale che le circonda.
Emilio Tadini Le figure, le cose
03-07-2021
Emilio Tadini
Le figure, le cose
il brunitoio Officina di Incisione e ... continua
Louise Nevelson "Sculptor of Shadows"
29-05-2020
Louise Nevelson "Sculptor of Shadows" fino al 3 gennaio 2021 ... continua

Ciao Lucio
11-04-2020
L'11 aprile è scomparso Lucio Del Pezzo, uno dei protagonisti
della ... continua

